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Il MUSMA è il museo della scultura contemporanea di Matera. E' stato inaugurato il 14 ottobre 2006 ed ha sede a Palazzo Pomarici, sulla parte più alta del rione dei Sassi. Ospita circa 270 opere di 200 artisti diversi, tra i quali spiccano Giorgio De Chirico, Arnaldo Pomodoro, Giacomo Manzù e Pablo Picasso.
Parco della Murgia Materana
 Sicuramente uno dei più spettacolari paesaggi rupestri d’Italia che testimonia l’antico rapporto tra natura e uomo, si trova in Basilicata, a Matera a pochi chilometri di distanza dal confine con la Puglia.
 Il Parco Regionale Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri del Materano, più semplicemente detto Parco della Murgia Materana, è caratterizzato da una roccia tenera costituita da profondi solchi che disegnano rupi, forre, grotte, gravine utilizzate dall’uomo che vi si è insediato sin dalla preistoria. Esso è compreso tra le contrade poste tra la S.S. 7, la S.P. Matera–Ginosa–Montescaglioso e la S.S. 175.
 Ad ovest di Matera, poi, il perimetro del Parco corre su di una ristretta fascia lungo il corso della Gravina di Picciano che, partendo dall’omonimo colle giunge alla confluenza del fiume Bradano. Spettacolare è la Gravina di Matera, enorme solco calcareo che attraversa il territorio con i suoi venti chilometri di lunghezza giungendo fin sotto l’abitato di Montescaglioso. Sul fondo di questo Canyon, scorre l’omonimo torrente il cui lento cammino delle acque prosegue verso sud costeggiando i Sassi di Matera, sfiorando l’abitato di Montescaglioso oltre il quale sfocia nel fiume Bradano.
 Un territorio suggestivo, apparentemente desolato, ma che nasconde ricchezze naturalistiche e testimonianze storiche di eccezionale valore. I fianchi, orientale e occidentale della Gravina, sono sostanzialmente diversi: il primo, ha una struttura morfologica più complessa a causa della presenza dell’abitato di Matera e sempre sullo stesso versante, più a sud, posto su un colle argilloso dell’abitato di Montescaglioso
 Il secondo fianco, disabitato, è un blocco calcareo privo di vegetazione arborea nella parte più vicina alla città di Matera, ma ricoperto dalla caratteristica vegetazione mediterranea nel quale sono rivenibili le tracce dell’uomo tra cui chiese rupestri, villaggi preistorici di epoca neolitica, jazzi, cave da cui si ricavava il materiale costruttivo delle abitazioni dei Sassi, e masserie.
 Oggi questo versante, circa 8000 ettari, che nasconde gli ultimi lembi di un bosco mediterraneo, rientra nei confini del Parco della Murgia Materana. E’ proprio il rapporto antico tra natura e uomo che rende unico questo Parco che attraverso l’Ente di Gestione, tutela contemporaneamente una natura spettacolare e le opere realizzate dalle mani dell’uomo nel corso di migliaia di anni con il paziente lavoro della incisione.
 Geograficamente il Parco comprende le aree delle Tufare, Murgecchia, Murgia Timone, Acito San Campo, Trasano Conca d’Aglio, Murgia Alvino, Bosco del Comune, Selva Malvezzi, Bosco di Lucignano, l’Annunziata, Selva Venusio, Murgia Sant’Agnese, Lamaquacchiola, Agna Ofra, Murgia di S. Andrea e Madonna della Murgia.
 Le irraggiungibili pareti verticali delle rocce e la ricca vegetazione che si sviluppa all’interno dei confini del Parco determinano la formazione di ambienti naturali tali da permettere la presenza di specie volatili rarissime.
 I bird-watchers più fortunati hanno l’opportunità di osservare specie come il biancone, il nibbio, il lanario, il capovaccaio. Altri rapaci come il falco grillaio (Falco naumanni), vivono affianco all’uomo e nidificano sotto i tetti delle case abbandonate dei Sassi di Matera o sotto le tegole dell’Abbazia Benedettina di Montescaglioso.
Le Chiese Rupestri
 L’ampio numero delle Chiese Rupestri a Matera e nell’immediato territorio circostante è uno dei tratti distintivi e più spettacolari dell’insediamento rupestre nell’area. Circa centocinquanta siti di culto compresi in un lasso temporale che dall’alto medioevo giunge fino al secolo XIX, strettamente legati ad ogni fase storica, sociale e religiosa del territorio. Le acquisizioni critiche più recenti, sulla base di riscontri effettuati sulle fonti, i dati archeologici ed architettonici, disegnano un panorama molto complesso ed articolato, svincolato da un’accezione esclusivamente monastica e bizantina, nella quale il fenomeno era stato circoscritto dalle prime ricerche risalenti alla fine del secolo XIX.
 Nel patrimonio delle chiese rupestri materane, converge l’intera articolazione delle componenti etniche, religiose e istituzionali dell’area: monasteri, santuari, antiche parrocchie, istituzioni vescovili, sono tutti elementi presenti nella committenza, possesso, gestione, ufficiatura delle chiese rupestri.
 I luoghi di culto rupestri oltre che essere collegati all’insediamento nel territorio di tante istituzioni ecclesiastiche e civili, soddisfano soprattutto un bisogno afferente la popolazione locale, sparpagliata su un territorio molto vasto e quindi accompagnano, nella loro collocazione, la formazione degli assetti del territorio.
 Le fonti più antiche finora disponibili attestano fin dal secolo VIII insediamenti rupestri collegati alla presenza di monasteri benedettini. Gli affreschi della Cripta del Peccato Originale collegano l’ipogeo ad una delle grandi comunità monastiche benedettine longobarde dell’area beneventana. L’abbazia di S. Sofia di Benevento nel 774 possiede a Matera la chiesa di S. Maria e S. Michele, generalmente individuata nella parte più antica di S. Maria della Vaglia. Il monastero di S.Vincenzo al Volturno nell’893 detiene le chiese di S. Elia, un ipogeo tuttora esistente sulla Murgia e la chiesa di S. Pietro in Matina da identificare con una delle cripte ancora intitolate all’Apostolo. Nei pochi resti delle abbazia di S. Eustachio alla Posterga e di S. Maria de Armeniis si riconoscono significative componenti rupestri come pure nel monastero benedettino femminile di S. Lucia il cui insediamento più antico, la chiesa e le grotte delle Malve, appare quasi interamente in grotta. Di origine benedettina sono anche le cripte di S. Gennaro al Bradano e di S. Stasio alla Gravina, antichi possedimenti del monastero di S. Lucia, e le chiese dello Spirito Santo e di S. Maria delle Virtù, passata poi alle monache di Accon. Infine anche l’abbazia di Montescaglioso, fondata nel secolo XI, è in possesso di chiese rupestri localizzate nella Murgia di S. Andrea. Nelle cripte benedettine meglio conservate si notano impianti basilicali a tre navate e cicli affrescati nei quali ricorrono iconografie tipiche della tradizione monastica latina.
 Pur non esistendo testimonianze dirette nelle fonti circa la presenza di monasteri italogreci nel territorio circostante Matera, alcune chiese rupestri sono da mettere in rapporto alla componente etnica bizantina dell’area. A questo ambito appartengono probabilmente le cripte del Cappuccino Vecchio, di S. Falcione, di S. Maria di Olivares, S. Nicola dei Greci, le quattro chiese eremitiche dell’insediamento monastico del vallone della Loe datate tra IX e X secolo e la fase più antica di S. Barbara antecedente la realizzazione degli affreschi tuttora presenti nella chiesa. Al villaggio Saraceno sono presenti chiese bizantine utilizzate a servizio della popolazione rurale come S. Luca ove si nota addirittura un piccolo battistero, e la chiesa di S. Nicola, in luogo di difficile accesso, probabile rifugio del monaco eremita. Altre chiese rupestri sono piccoli santuari rurali, qualche volta dedicati all’Arcangelo ma soprattutto intitolati alla Vergine. Cripte micaeliche risalenti ai secoli XI-XII sono all’Ofra, presso la grotta dei Pipistrelli e a Cozzo S. Angelo, nelle vicinanze di Montescaglioso. Tra i santuari mariani rupestri, di particolare importanza il sito sul quale è costruito l’odierno santuario della Palomba e l’imponente cripta di S. Maria della Vaglia che tenuto conto della identificazione con la chiesa citata nel documento dei Duchi di Benevento del 774, potrebbe essere il più antico santuario mariano di Matera.
 Altri santuari frequentati rispettivamente dalle popolazioni di Matera e Montescaglioso sono Cristo la Selva e la Madonna della Murgia.
 Nella città, chiese di notevole fattura e qualità sono il complesso del Convicinio S. Antonio, dell’Idris, di S. Giovanni in Monterrone e di S. Nicola dei Greci. Fasi rupestri significative si riconoscono anche in alcune delle principali chiese parrocchiali quali S. Pietro Barisano e S. Pietro Caveoso mentre anche nei monasteri di S. Francesco e S. Agostino, sono state rintracciate cripte preesistenti all’insediamento della comunità.
 Innumerevoli le chiese scavate in prossimità di piccoli insediamenti rurali o lungo gli antichi percorsi che legano la città alla campagna. In queste si riconoscono elementi architettonici desunti dall’architettura " fuori terra " ma soprattutto uno scavo finalizzato a creare nel sito, con un dispendio minimo di risorse, gli elementi più indispensabili all’officiatura del luogo di culto. Lo scavo dell’aula qualche volta è accompagnato dalla costruzione in muratura della facciata o di altre strutture interne. Negli impianti si ritrovano gli elementi costituenti gli edifici in muratura, contestualizzati, però, nel difficile ambiente rupestre.
 Le chiese sono ad aula unica oppure a tre o due navate. Spesso sono concluse da absidi qualche volta preceduti da transetti di ridotte dimensioni. In molte cripte si nota l’accenno di una cupola realizzata con uno scavo lenticolare, mentre il ricordo delle coperture a tetto delle chiese in murature compare nell’uso di soffitti a schiena d’asino rilevabili negli ipogei più complessi. Nel territorio cripte di notevole interesse, ed alcune ancora ben conservate, si rintracciano lungo la Gravina, il Bradano, gli affluenti principali dei due fiumi ed a margine della viabilità più antica. La Madonna degli Angeli evidenzia una tecnica di scavo molto precisa ed un ampio corredo di affreschi.
 La Madonna dei Derelitti conserva una elegante facciata in muratura. Nelle cripte di S. Falcione e di S. Vito alla Murgia si notano due presbiteri preceduti da un’aula unica. Al Cappuccino Vecchio, il raro impianto a due navate si presenta in tutta la sua complessità ed eleganza. Nella Madonna delle Tre porte, l’elemento significativo oltre che dal residuo corredo di affreschi è costituito dalla pianta a tre navate con absidi contrapposte. Le cripte di Cristo la Selva e di S. Martino, si presentano al centro di un vasto insediamento abitato da pastori. S. Eustachio alla Selva Venusio, pur in parte crollata consente ancora di leggere l’impianto a tre navate con nicchie e cappelle laterali. Altre chiese collocate lungo la viabilità principale costituiscono precisi capisaldi sul territorio a servizio di piccole comunità agropastorali o con funzioni di semplici cappelle rurale. La cripta degli Evangelisti conserva testimonianze di un ampio ciclo affrescato. La Madonna dell’Abbondanza è tra le chiese ipogee più vaste. S. Pietro in Principibus presso l’Appia, evidenzia un elegante impianto a basilica. Il patrimonio delle chiese rupestri nell’area del Parco, costituisce un unicum la cui articolazione e complessità in termini di storia e spiritualità contribuisce a delineare l’identità di un’area molto vasta.
I Sassi di Matera
 I Sassi di Matera rappresentano uno degli aggregati urbani più antichi al mondo, abitati da tempo immemorabile fondano la loro esistenza su di un articolato sistema di Raccolta delle Acque .
 Questa cultura dell'abitare improntata sull'ottimizzazione delle risorse, ha consentito l'evolversi di numerose civiltà, ognuna delle quali ha ereditato il meglio della precedente, ma la sopravvivenza è sempre stata garantita da quell'intricato sistema di canali, cisterne e palombari che costituiscono il sistema di Raccolta delle Acque.
 Nel 1999 in via Purgatorio vecchio n. 12, a seguito di un primo restauro di quella che si scoprì essere la casa natale di San Giovanni da Matera , vengono scoperte una serie di cisterne e canali di adduzione dell'acqua. Successivamente uno studio più attento dei reperti ritrovati confermerà il valore della scoperta.
 Attualmente la struttura è costituita da due accessi la sacrestia e la chiesa
 Il Museo Nazionale D.Ridola raccoglie una vasta scelta di materiali provenienti dalla Lucania meridionale, relative ad un arco di tempo che va dal Paleolitico all’età imperale.
 Le prime testimonianze del paleolitico sono raccolte all’ingresso e si spingono fino all’inizio dell’età del bronzo. Negli ambienti successivi sono disposti i materiali provenienti dagli abitati neolitici di Tirlecchia, Murgia Timone, Murgecchia e Serra d’Alto. Questo ultimo stanziamento, fonte di una grande quantità di oggetti, è noto per la presenza dell’omonimo tipo ceramico, caratterizzato da vernice bruna e motivi geometrici complessi. Ancora oltre sono raccolti i documenti relativi alla necropoli protovillanoviana di Timmari, non molto ricca per la verità, con corredi costituiti da fibule, rasoi, anelli e altro. Molte sono le testimonianze relative agli insediementi della valle del Basento: Pisticci, da cui provengono i corredi delle tombe a tumulo dell’età del ferro, e i materiali delle sepolture di VI secolo a.C. I vasi di V secolo a.C. sono stati decorati da un pittore magno-greco di prima importanza, noto appunto col nome convenzionale di pittore di Pisticci; Ferrandina, Pomarico, Garaguso e Calle di Tricarico, che hanno restituito tombe che coprono un lunghissimo arco di tempo, dall’VIII secolo a.C. fino all’età imperiale avanzata. In un’altra sala sono ospitati gli oggetti provenienti dai centri della valle del Bradano: Montescaglioso, con corredi funerari che vanno dal VII al IV secolo a.C., in cui spicca un cratere a colonnette del pittore di Pan; Miglionico, che ha restituito materiali vari dall’epoca geometrica fino al III secolo a.C., interessante un lebete di argilla ad imitazione degli analoghi prototipi in bronzo. I materiali provenienti da Matera sono raccolti in una sala apposita, comprendenti soprattutto corredi funerari di epoca arcaica, provenienti dall’area a nord della città moderna, di epoca arcaica e classica, provenienti dalla zona dell’abitato moderno. Notevole la raccolta di bronzetti italici fra i quali predomina la figura di Ercole con la clava e con l’arco approssimativamente databili tra il VI e il IV secolo a.C. Molte infine le statuette in terracotta provenienti dalla stipe votiva di Timmari, probabilmente riferibile ad un culto di Demetra e Persefone. Una mostra documentaria è dedicata all’attività di D. Ridola, fondatore del museo e studioso locale di storia e antichità.
 Piazza Vittorio Veneto, situata al centro della città, permette l’accesso al quartiere sotterraneo, caratterizzato dalla presenza di abitazioni, botteghe, neviere, cisterne e pozzi; inoltre, vi sono anche le cosiddette palombari che sono delle strutture scavate per la raccolta di acqua piovana da usare come riserva.
 La chiesa di S. Domenico, situata nella piazza, fu costruita per opera di fra’ Nicola di Giovinazzo nel XIII secolo; Il suo stile, tipicamente romanico, è caratterizzato da una facciata composta da un rosone con scene di quotidianità della vita pastorale con quattro statue che stanno a raffigurare la ruota della vita. L’interno è a tre navate ristrutturate durante il XVIII secolo, con la costruzione del Cappellone del Rosario, contrassegnato da un portale in tufo scolpito a grottesche e santi, probabilmente realizzato da Persio; mentre sull’altare vi è dipinta da Conversi, la Madonna del Rosario, con intorno piccole tele ovali dei 15 Misteri.
 La chiesa di S. Giovanni Battista , eretta nel XIII secolo, è la chiesa più antica di Matera; questo edificio riporta un interno a tre navate, arredato con mobili risalenti al XVI secolo. E’ tradizione che l’ultima domenica di Settembre ci sia la più lunga processione della città in onore dei santi medici Cosimo e Damiano.
 La chiesa di S. Francesco d'Assisi fu ricostruita in forme barocche nel 1670; la facciata, presenta un’ ampia scalinata stile barocco, mentre l’interno, composto da navata unica con cappelle laterali e abside rettilinea, contiene il Polittico smembrato di Lazzaro Bastiani risalente al 1400.
 Il Duomo, risalente al XIII secolo, fu costruito in stile romanico visibile nella facciata della chiesa, caratterizzata da una porta maggiore ornata da decorazioni attribuite a Persio, e da un rosone con S. Michele Arcangelo; l’interno, costruito a croce latina ripartita in tre navate, fu interamente ristrutturato nel XVIII secolo. A destra dell’ingresso principale c’è l’opera che contrassegna l’edificio: il Giudizio universale attribuito a Rinaldo da Taranto; nella navata destra c’è la Madonna delle Grazie tra i Ss. Ilario e Giovanni da Matera attribuita a Domizio Persio; dietro l’altare maggiore, vi è il Coro ligneo, intagliato da Giovanni Tarantino nel XV secolo, mentre nel secolo successivo è stato realizzato per opera di Altobello Persio il dossale d’altare dedicato a San Michele e alla sua sinistra il presepe realizzato con la partecipazione di Sannazaro di Alessano. Nella navata sinistra vi è la Cappella di Nunziatella, costruita per opera di Giulio Persio nel XVI secolo, ornata dalle statue della Vergine e l’Angelo, Ss. Rocco e Caterina d’Alessandria.
 Il Palazzo Lanfranchi è il più imponente e importante edificio seicentesco della città voluto dall’allora vescovo Vincenzo Lanfranchi per i suoi seminari. Durante l’arco dei secoli, questo palazzo fu ampliato per la maggiore affluenza dei seminaristi e utilizzato anche come scuola; si pensi, che per un breve periodo di tempo, vi ci insegnò anche Giovanni Pascoli.